LO SPAZIO “ALTRO” DEL LIBRO D’ARTISTA di SANDRO RICALDONE
Nato dagli strati interni della corteccia delle piante, utilizzati come supporto per la scrittura, il libro si avvia a perdere, dopo più di cinque secoli dall’esplosione della Galassia Gutenberg, la cui massa veniva calcolata una decina di anni fa dalla British Library in un centinaio di milioni di unità, la sua configurazione
materiale. Computers, tablets ed altri strumenti elettronici, benché ancora perfettibili, hanno avviato una dinamica ascendente che ha dalla sua l’atout della funzionalità. Se - però - nella sua funzione divulgativa del sapere il libro può temere d’essere soppiantato da sistemi più evoluti (così come le tavolette d’argilla furono scalzate dal papiro e in seguito dalla pergamena) il libro lungo i secoli si è venuto radicando così a fondo nella storia culturale e nell’immaginario umano, da porsi come metafora della natura e del mondo.
Forse per azzardo o forse presagendo il declino del suo impiego nella comunicazione ordinaria, poeti ed artisti hanno offerto al libro una seconda vita, fra espressività e concetto, talora esaltandone forma e componenti materiali, sino a farne un oggetto eminentemente estetico, talaltra puntando sull’azzeramento di ogni dato percettivo, nella linea del “libro vuoto” accennata già a fine Settecento da uno scienziatoscrittore come Lichtenberg. Ma è a partire da “un acte de démence”, come Mallarmé definiva Un coup de dés, che si dipana questa nuova esistenza del libro. Un’esperienza sconvolgente, quasi una rivoluzione copernicana, di fronte alla quale Valery non esitava a confessare: “Mi sentivo come se scorgessi la figura di un pensiero fissato per la prima volta nello spazio. Qui in verità parlava l’esteso, qui sognava, qui produceva forme nate dal tempo. Attesa, dubbio, raccoglimento erano diventate cose visibili. Col senso della vista palpavo pause corporee di silenzio”. Di qui un crescendo: dalle disposizioni mimetiche dei Calligrammes di Apollinaire, agli esplosivi tour de force tipografici delle marinettiane Parole in libertà futuriste; dai duetti fra parole e immagini di Cendrars con Sonia Delaunay (La prose du Transsibérien) e
con Léger (La fin du monde filmèe par l’Ange N.-D.) al design costruttivista di El Lissitzky nel Dlia Golosa
Tullio D’Albisola e Bruno Munari; verso i collages detournés da Max Ernst in Une semaine de bonté e la Boîte verte dove Duchamp raccoglie le note per il Grande Vetro sino a raggiungere le vivaci silhouettes ritagliate da Matisse in Jazz…
Ma è nel secondo dopoguerra che il libro d’artista si affranca completamente dal residuo che in precedenza la legava non di rado alla sfera dell’illustrazione, per trasformarsi in opera in sé conchiusa. Feticcio e oggetto auratico, contenitore per nuovi alfabeti (come non ricordare, in proposito, Les journaux des dieux di Isou?), gioco permutazionale senza termine (Queneau), catalogo tematico di materiali visivi (Ruscha), prototipo di investigazioni strutturali (Gleber), di sole pagine trasparenti (Manzoni) o di istruzioni fuori
schema (Yoko Ono), è venuto costituendo per gradi, analogamente alla mail art, una sorta di disciplina a se stante, coltivata ovunque con intensità, manipolando e combinando creativamente i linguaggi contemporanei.
O, se si vuole, quello del libro d’artista rappresenta ormai uno spazio “altro”, nel quale - come nota Anne Moeglin-Delcroix nel volume Esthètique du livre d’artiste 1960 - 1980 - è possibile ad artisti giovani e meno giovani “produrre liberamente e raggiungere il pubblico, al di fuori dei circuiti ufficiali, più chiusi che mai da quando vi dominano lo star system e la finanziarizzazione dell’arte”. Uno spazio oggi tanto più essenziale - conclude la studiosa francese - “perché non si tratta più soltanto, come all’inizio, di liberare attraverso il libro l’arte dalla mercificazione, ma di resistere alla sua confisca da parte della speculazione borsistica”.
L'Assessorato alla Cultura e il SACS di Quiliano propongono in questo 2012 un progetto creativo
che ancora una volta contempla l'idea di "arte che viaggia", sia attraverso i tradizionali
sistemi di spedizione che per via telematica. La novità rispetto a precedenti iniziative risiede
forse nel fatto che si è aggiunta una graziosa possibilità, quella di poter inviare in loco piccoli
oggetti tridimensionali, nel rispetto delle misure massime previste dal bando di partecipazione.
Im[ma]gine, questo il tema dell'iniziativa, è dedicato all'objet d'art e consente massima libertà
espressiva, ulteriormente potenziando quel senso di libertà - consentitemi la ripetizione -
che di per sé caratterizza l'arte postale, nonché quella virtuale: nessun vincolo con gallerie,
nessuna richiesta di mercato, nessun orientamento preferibile, più o meno condizionato da
mode o gusti imperanti. Piuttosto, il piacere di comunicare senza riserve attraverso il proprio
istinto creativo e la propria ricerca, assecondando un'idea, un'ispirazione/aspirazione, una
propria modalità sensibile, una specifica conoscenza e personale sperimentazione tecnica
o tecnologica. Il risultato è ben visibile, infatti: c'è chi invia leggeri pacchi postali con opere
che stimolano innanzitutto la curiosità dei destinatari addetti alla loro apertura e ad una prima
visione del contenuto; chi si serve del computer per elaborare immagini del tutto digitali
o per trasformarne alcune di altro tipo; chi, semplicemente, mette in rete la fotografia di un
proprio lavoro, dandogli così visibilità senza trasportarlo fisicamente; chi opta per brevi video
dai contenuti disparati, quali di gusto socio-politico, quali di carattere prettamente personale,
quali meglio orientati, si direbbe, verso una ricerca di maggior effetto estetico; e via dicendo.
E' dunque un mondo variegato che lavora senza costrizioni, i cui interpreti hanno tutta l'aria
di aderire per il gusto spassionato di partecipare ad un'azione artistica collettiva che può generare
piacevoli scambi di esperienze, virtuali ma anche concrete. Considerato il numero di
adesioni all'edizione 2012, quasi trecento, e le provenienze le più diverse, da oltre cinquanta
nazioni (si sono aggiunte di recente la Columbia, la Lituania, Giava), possiamo ben parlare
di arte mondiale, globalizzata in positivo, mentre Quiliano diventa, per tutti coloro che non la
conoscono, la piccola ma attiva località posta in quella particolare area di una regione d'Italia
chiamata Liguria; e noi, che in Liguria viviamo, ne andiamo orgogliosi.
L'arte postale viaggia e simbolicamente vola, come, del resto, l'arte digitale; quest'ultima, poi,
avvalendosi di tecnologie e di sistemi di comunicazione innovativi e sempre più sofisticati, sa
offrire esiti talvolta sorprendenti, quasi "magici" per chi è poco avvezzo ai suoi metodi. L'arte
che viaggia, tradizionale o d'avanguardia che essa sia, può anche essere esternazione di una
semplice idea che, traducendosi in atto concreto, produce, oltre ad un immediato senso di
gioia in chi dell'atto ha goduto, il desiderio di "proseguire il gioco". Ciò accadde a chi scrive,
ed eccone la breve storia. Un giorno un amico artista mi inviò in busta una manciata di ritagli
di cartoncini colorati, così commentando: "Un po' d'arcobaleno non guasta". Ebbene, quel suo
gesto affettuoso ne generò a catena molti altri, animò emozioni collettive; giunse persino a
tradursi, in minima parte, in un mio quadretto a collage, che non ho mai donato a chi di dovere,
e in un breve racconto che invece se ne partì - per posta! - alla volta di un concorso letterario.
Singolari e magnifici effetti della mail-art…
In conclusione, ricordo dunque il nuovo appuntamento che ci porta a Quiliano, dove
Im[m]agine converge con la prevista esposizione di tutte le opere inviate, fisicamente palpabili
le piccole sculture e ben visionabili le immagini elettroniche o le brevi video-storie. Questa
volta è d'obbligo una "spedizione personale" da parte degli interessati, compatibilmente con
le distanze e le possibilità di ciascuno di loro!
non sia ancora una volta il nostro, ma il suo stesso sguardo.
La “performance art” è una forma artistica dove l’azione di una persona o di un gruppo, in un contesto particolare o in un momento peculiare, costituiscono l’opera; può svolgersi in un qualunque luogo e in un momento qualsiasi e pure la sua durata non ha limiti di tempo.
Si può, quindi, dire che tale performance coinvolge direttamente quattro tipi di elementi: tempo, spazio, il corpo dell’artista e la sua relazione col pubblico-fruitore, ciò in netta contrapposizione alla pittura e alla scultura più classica, dove un oggetto creato e realizzato costituisce l’opera.
Solitamente il termine “performance art” è riservato ad alcuni tipi d’avanguardia, o arte concettuale, che prende origine, a suavolta, dalle arti visuali.
Si può dire che i Dadaisti sono stati i suoi progenitori con le loro esibizioni di poesia anticonvenzionali (a Zurigo) di Richard Huelsenbeck e Tristan Tzara, per citarne alcuni. Dagli anni Sessanta del secolo scorso si può identificare la performance con il lavoro di ricerca di Allan Kaprov (coniò iltermine “happening”), Vito Acconci, Herman Nitsch e Joseph Beuys.
E’ un’attività senza confini geografici e, in un certo senso, pone in rilievo l’incertezza creativa dei tempi, tracciando, anche, dei veri percorsi sociali e comunicativi, infatti, per esempio alcuni performers indagano la spiritualità e la ritualità non gerarchizzata, democratica, laica, individuale; altri fanno ricerca intorno a performance di tipo popolare con un approccio anche ludico, altri ancora lavorano sul concetto della crisi del modello sociale occidentale e sulla leardership. Oggi i vari generi (o correnti) possono essere, orientativamente, così individuati: body art, fluxus, poesia d’azione, intermedia,live art, action art, intervenzione, fino allo “sniggling” che è una forma attivista e, sotto certi aspetti, fallace e insidiosa di performance pubblica perché non esplicita in modo trasparente che si stia svolgendo una forma di performance.
L'arte postale ritorna a Quiliano, in Villa Maria, con il progetto 'Futurenergie'. ll tema proposto, impegnativo e di grande attualità, oltre a trattare le contingenti problematiche ecologiche vuole offrire un'occasione di visibilità a quelle forze creative e a quelle energie emergenti che incontrano difficoltà a manifestarsi nei tradizionali spazi espositivi troppo spesso rivolti al solo mercato.
ll network postale libero, democratico e no-profit è in questo senso perfetto. La sua economicità permette di valicare facilmente e pacificamente le frontiere, ridurre le distanze culturali ed ideologiche inserendosi come dinamico elemento di recupero e promozione del locale in alternativa ad una dirompente globalizzazione che omologa e disgrega le realtà più deboli. Per questi motivi
'Futurenergie'non ha trascurato l'arte digitale e di conseguenza il web, mezzo potentissimo per condividere gratuitamente a livello planetario creatività, idee e progetti.
La digital art ha i suoi primi esempi negli anni '50 del secolo scorso con le sperimentazioni di Ben Laposkj e Manfred Frank. I due scienziati e programmatori riescono a rielaborare particolari funzioni matematiche che permettono di distorcere a loro piacimento i raggi luminosi di un oscilloscopio.
Attualmente l'arte computerizzata non ha più limiti tecnici grazie ad una vastità e varietà di programmi che permettono di creare, modificare o ritoccare immagini di ogni tipo. Produrre arte con il computer ha anche un'interessante caratteristica: la fruizione delle immagini avviene soprattutto attraverso la superficie retroilluminata di un monitor che l'accomuna alla percezione delle antiche vetrate. Queste particolarità e la grande versatilità dei software permettono alla digital art un ampio impiego nei mass media come l'editoria, la pubblicità, la filmografia e la televisione per citare alcuni esempi.
lnternet aggiunge a tutto questo la possibilità di una rapida e capillare diffusione che all'iniziativa di 'Futurenergie' non poteva sfuggire. La risposta da parte di un numero cospicuo di artisti di diverse nazioni è stata straordinariamente importante e ha permesso la realizzazione all'interno della mostra di una sezione dedicata esclusivamente alle immagini digitali. E' apparso molto significativo l'invio di alcune immagini realizzate con
programmi di grafica appartenenti a sistemi operativi non proprietari (GNU/LINUX) che condividono, similmente alla mail art, la filosofia del no-profit e della libera diffusione. Nel complesso la qualità e la quantità di opere pervenute, compresi alcuni video, ha aperto nuovi spunti e possibilità di sviluppo per i progettifuturi del SACS che potranno comprendere opere di net art concepite fruibili da tutti, interattive, libere, in definitiva opere collettive.
La mostra degli artisti Marcello Diotallevi, Ruggero Maggi, Riri Negri, Serena Olivari e Vittorio Valente rappresenta quest’anno l’unico evento espositivo del SACS (Spazio Arte Contemporanea Sperimentale) del Comune di Quiliano e segue l’operazione di Net Art “San Pietro in Carpignana”, la cui messa in rete ha coinciso con l’esordio del sito www.sacsarte.net.
Gli esordi nel campo dell’arte di Marcello Diotallevi coincidono con la sua prima attività di restauratore presso il Laboratorio di Restauro del Vaticano, successivamente inizia ad occuparsi di installazioni, poesia visiva e mail art. E’ autore della copertina della “Guide du Musèe National d’Art Moderne” presso il Centre “Georges Pompidou” di Parigi.
Ruggero Maggi è un’antesignano della ricerca poetica ed artistica condotta attraverso la sperimentazione di qualsiasi forma espressiva (laser, olografia, neon) e con l’utilizzo dei più disparati materiali (rocce, canapa, sabbia, terra). Quest’anno è stato curatore del progetto dedicato a Pierre Restany “Camera 312 - promemoria per Pierre” alla 52esima Esposizione Internazionale d’Arte – Biennale di Venezia.
Riri Negri vive e lavora a Genova ed è diplomata alla Scuola d’Arte “Anton Maria Maragliano” in pittura, grafica e scenografia. Ha frequentato corsi specialistici di psicoanalisi del comportamento scrittorio e di psicoanalisi del disegno. Conduce attivamente corsi per l’apprendimento dell’arte contemporanea dedicati all’infanzia.
Serena Olivari, laureata in architettura, vive e lavora a Genova. Opera nel campo della pittura, della ceramica e della grafica. Espone frequentemente in Italia e all’estero.
Vittorio Valente, sin dagli esordi della sua attività, nel 1987, indaga il rapporto arte-scienza analizzando la ricaduta delle scoperte scientifiche sulla vita sociale e sui comportamenti.
Con l’utilizzo di silicone ed altri materiali crea elementi fantastici partendo dall’osservazione di cellule, virus, batteri e microrganismi, rappresentando le parti infinitesime del corpo umano.
La mostra degli artisti genovesi Gianfranco Carrozzini, Josephine Caviglia, Margherita Levo Rosenberg, Giuseppe Pellegrino e dell’alessandrina Mara Mayer, seconda proposta del SACS per quest’anno, più che una collettiva costituisce un insieme di cinque personali allestite, anche in questa occasione, nella suggestiva cornice dell’ottocentesca Villa Maria.
L’evento si inserisce nella scia del progetto Spazio Arte Contemporanea Sperimentale (SACS) inaugurato dal Comune di Quiliano nello scorso anno.
Così come nell’occasione della mostra di giugno degli artisti del Circolo Culturale Il Gabbiano di La Spezia, anche questa volta la mostra diventa opportunità per una serie di eventi di carattere diverso, che vanno dalle conferenze, nelle quali verranno illustrati i principali contenuti della mostra nonché narrate le vicende locali a cavallo tra l’800 ed il ‘900, alla presentazione di volumi di carattere storico locale e di narrativa, alle osservazioni astronomiche per concludersi con un concerto dell’ensemble musicale Concento armonico.
La scommessa rappresentata da questa serie di eventi è quella di “mettere insieme” differenti forme di espressione artistica e culturale, fondendole e permettendo la circolazione di linguaggi e persone diverse , favorendone lo scambio.
La partecipazione al progetto dell’Istituto Internazionale degli Studi Liguri si concretizzerà nell’organizzazione di una collettiva dei cinque artisti nella Villa Groppallo, per la disponibilità della quale si ringrazia l’Assessorato alla Cultura del Comune di Vado Ligure.
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